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Sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria era stato lanciato l’allarme per le ripercussioni possibili su bambini e adolescenti. A quasi un anno di distanza, emergono i primi, devastanti effetti. Secondo l’ASL Toscana Centro gli accessi al pronto soccorso per picchi depressivi, attacchi di panico o crisi psicotiche sono aumentati del 10%, mentre l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha registrato un aumento dei ricoveri per tentativi di suicidio e autolesionismo nei ragazzi dai 12 ai 18 anni rispetto allo scorso anno. Per David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, gli studenti delle scuole superiori sono sempre più bisognosi di ricevere sostegno, ascolto e aiuto per poter affrontare la mancanza di socializzazione e l’isolamento. Le difficoltà riguardano i giovani e i giovanissimi di tutto il mondo. A confermarlo è uno studio internazione coordinato dall’OMS, l’Health Behaviour in School-aged Children: dal 2014 al 2018 la salute mentale è peggiorata nella fascia 11-15 anni, soprattutto nelle ragazze. “Durante la transizione dalla prima alla seconda metà dell’adolescenza”, ha spiegato il co-autore dello studio“le ragazze mostrano anche un calo più marcato del sostegno familiare percepito, della facilità di comunicazione con i genitori, del sostegno degli insegnanti e della soddisfazione scolastica”. La situazione italiana non è rassicurante: ci troviamo rispettivamente al terzo e al secondo posto per i tredicenni e i quindicenni che dichiarano di sentirsi spesso arrabbiati e al primo posto per quelli che dichiarano di sentirsi nervosi. Nel 16% dei casi, il malessere si trasforma in patologia, ma secondo l’OMS la percentuale potrebbe salire al 20% tenendo conto dei casi che non vengono diagnosticati. 

Capire le cause di un disagio che va ben oltre l’emergenza sanitaria, ma che da questa viene maggiormente diffuso, non è semplice e non bisogna cadere nel tranello della tendenza a dare la colpa ai social network. Il digitale ha sì aumentato le complessità dell’adolescenza, ma in questi lunghi mesi lo smartphone è diventato anche succursale della scuola e dei luoghi di svago e ritrovo. La pandemia ha portato a galla un disagio profondo, ma non è ancora possibile spiegarlo del tutto né giungere a conclusioni che sarebbero inevitabilmente affrettate. A caratterizzare gli adolescenti – noti come generazione Z – è il sentimento dell’ansia: basti osservare come i video su TikTok all’hashtag #anxiety abbiano superato i 3,2 miliardi di visualizzazioni. A darci un’idea della diffusione del malessere sono anche canzoni, meme, libri per bambini. La didattica a distanza, l’impossibilità di praticare sport e hobby hanno sconvolto gli equilibri consolidati e annientato la motivazione dei ragazzi. A questo bisogna aggiungere la privazione della socialità e di figure di riferimento alternative al contesto familiare. 

L’isolamento e l’emergenza sanitaria finiranno, ma le difficoltà dei ragazzi saranno sempre lì. Il consiglio, allora, è di predisporsi all’ascolto dei giovani, come genitori, fratelli e sorelle, insegnanti ed esperti, affinché i ragazzi comprendano di poter chiedere aiuto e di poter ritrovare l’equilibrio e la serenità che meritano.