Seleziona una pagina

L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del nuovo coronavirus porta con sé un fenomeno insidioso con cui facciamo già i conti.
Il prolungato lockdown, come suggerisce il termine in sé, ha causato una “costrizione” dei corpi in spazi piccoli per un tempo dilatato. Non si trattava di una scelta, bensì di un provvedimento diventato al contempo fonte del disagio e situazione limite che ha portato a galla i nostri disagi interiori.
Ansie, depressione, disturbi post-traumatici da stress, traumi collettivi: dopo il superamento della fase critica l’attenzione è focalizzata sulle persone maggiormente vulnerabili reduci dalla quarantena, sia giovanissimi che in età avanzata; su coloro che soffrono di patologie acute o croniche e sui lavoratori dell’emergenza.

Negli ultimi mesi, la platea che ha deciso di rivolgersi a un professionista si è infatti ampliata in maniera esponenziale. Se durante la crisi pandemica le attività erano concentrate sul contrasto della paura, ora stiamo affrontando il cosiddetto picco psicologico.
Lo stress, la frustrazione, il timore del contagio, la perdita di fiducia e il pensiero negativo sono i sintomi più comuni riscontrati in questo periodo, che possono suggerire la presenza di disagi più radicati.
Il coronavirus, tuttavia, non dev’essere visto come la causa, ma come la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Capita spesso di utilizzare questa espressione in situazioni negative, che magari trasciniamo da tempo e che non ci rendevano più felici, come una relazione insoddisfacente oppure un lavoro che non faceva per noi.

Ma quante volte ci soffermiamo su quello che sarebbe successo se quel vaso non avesse traboccato?
Gli uomini cambiano e si evolvono continuamente, giorno dopo giorno, eppure non è sempre così facile accettare e permettere la crescita e la maturazione per la paura dell’ignoto e di ciò che potrebbe accadere se agissimo in modo diverso e chiedessimo aiuto.
Un evento come il lockdown può perciò essere visto come un’occasione di riflessione, di indagine e di tentativi di conoscenza del sé senza il chiasso e la fretta della nostra quotidianità. È evidente infatti che nessuno di noi si sia mai ritrovato ad affrontare una situazione così complessa, ma è nostro compito reagire, creare ponti e catene di aiuto affinché ognuno di noi trovi un nuovo equilibrio.

La salute psicologica è un diritto e la figura dello psicologo psicoterapeuta perciò è ora chiamata a rispondere a esigenze nuove, a un approccio sempre più integrato alla persona e a operare in una fase di ripresa cruciale e delicata.
“Possiamo imparare qualcosa ogni volta che crediamo di poterlo fare”, diceva la psicoterapeuta Virginia Satir. In questo momento più che mai possiamo imparare a camminare, nuovamente.