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Il terapeuta supervisore e il terapeuta supervisionato, durante la supervisione, costruiscono un contesto di reciprocità: il primo allena il terapeuta all’autosservazione, il secondo racconta delle terapie che sta conducendo e dei problemi che insorgono.

La supervisione è uno strumento indispensabile sia per gli psicoterapeuti in formazione che per quelli più esperti: capita, infatti, che durante il corso della terapia con i pazienti ci si possa trovare in momenti di impasse oppure che i vissuti di un paziente possano risuonare emotivamente nel terapeuta. Ed ecco che interviene la supervisione, che Umberta Telfener descriveva come “a relazione tra una persona più esperta e un individuio in training. Si tratta di quella situazione in cui l’esperto costruisce con lo studente una serie di contesti educativi per connettere insieme gli aspetti comportamentali (il fare), quelli teorici (il saper fare), quelli emotivi (il saper essere), condividendo una cornice che contenga questi diversi livelli (la condivisione di una visione del mondo e di obiettivi condivisi). In un’ottica costruttiva la supervisione è considerata una coordinazione di pensieri e azioni all’interno di un contesto e di una definizione (di scopi e obiettivi) ugualmente condivisa”.

Per Nicola Butera e Roberta Zaratta, invece, la supervisione è un processo interattivo che si caratterizza per numerosi vissuti emotivi ed è composta dal terapeuta, dal supervisore e dalla relazione stessa.

Come già accennato, supervisore e terapeuta costruiscono insieme un contesto di reciprocità, all’interno del quale il terapeuta racconta della terapia che sta conducendo, dei problemi che sta riscontrando, mentre il supervisore allena il terapeuta alla cosiddetta “autosservazione” che consente di comprendere meglio quali siano i suoi meccanismi di funzionamento. È così che il terapeuta ricostruisce la conoscenza della terapia, del paziente, del proprio modo di essere all’interno della relazione terapeutica, dando così nuovo significato e nuovi input al proprio lavoro. Il supervisore, dal canto suo, può riorganizzare e ricostruire la conoscenza che ha della terapia, del terapeuta e della relazione di supervisione.

Costruire e ri-costruire l’esperienza e il suo significato permette di raggiungere una maggiore conoscenza delle proprie competenze, attraverso un cambiamento emotivo, cognitivo e del modo di agire, sia del terapeuta che del supervisore.

Come funziona la supervisione?

Durante l’intervento di supervisione, il supervisore analizza il contenuto della sessione, valuta transfert e controtransfert, esplora le energie usate dal terapista e lo orienta nel contenuto teorico e pratico, ascolta in maniera attiva, favorisce l’apprendimento e incoraggia l’esaminato esplorando con lui le ipotesi e mettendole in discussione.

La supervisione può essere svolta online, in presenza dopo l’intervento oppure attraverso la cupola fotografica di Gesell.

I benefici della supervisione

La supervisione offre moltissimi benefici, perché funge da punto di riferimento, arricchisce la pratica psicoterapeutica, incentiva la cura di sé e integra le conoscenze, aiuta a liberare le tensioni, consente la revisione dei concetti e tutela sia il terapeuta che il paziente.