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Sin dagli albori, l’umanità ha cercato di trascendere dal quotidiano e dall’ordinario. Non ci riferiamo alla necessità di entrare in contatto con il divino, bensì con il bisogno dell’uomo di raggiungere la calma, la saggezza e l’auto-realizzazione.
I neurologi definiscono coscienza egoica – o limbica – questo bisogno: più che di misticismo, ci riferiamo a processi mentali ed emozioni precisi di cui è responsabile il nostro cervello. Questo non significa privare di valore la spiritualità e la religione in quanto tale, bensì di riferirci a una serie di strutture presenti nel nostro cervello che, se stimolate, provocano subito dei cambiamenti nella nostra percezione, nel modo in cui ci sentiamo e percepiamo il mondo che ci circonda.

Il cosiddetto cervello spirituale è all’origine di numerosi studi, il cui scopo è comprendere come la spiritualità influenza la nostra mente, la nostra salute fisica ed emozionale.

L’intelligenza spirituale

Già nel 1983, anno in cui viene enunciata la teoria delle intelligenze multiple, è stata introdotta la cosiddetta nona intelligenza, nota anche come intelligenza esistenziale, intimamente collegata al concetto spirituale e definita come:

  • capacità di pensare a temi astratti;
  • metariflessione;
  • visione del mondo da altre prospettive;
  • acquisizione di un’idea dell’universo e della nostra collocazione al suo interno.

L’intelligenza spirituale non dev’essere confusa con la coscienza religiosa: si tratta piuttosto di vedere la spiritualità come strumento attraverso cui trascendere dalla nostra realtà partendo dalla coscienza di sé e tenendo a mente le altre conoscenze. Spesso è necessario tollerare o desiderare la solitudine per sviluppare questa intelligenza esistenziale ed è raccomandabile utilizzare anche la filosofia, il dialogo socratico con sé stessi, la meditazione e la complessa arte di vivere in modo cosciente, imparando ad apprezzare il qui e ora.

Il cervello spirituale

È noto ormai da tempo che vi siano, nel nostro cervello, strutture che possono provocare esperienze mistiche se stimolate poiché collegate agli stadi della coscienza alterata e ad alcune alterazioni del lobo temporale, dell’ippocampo o dell’amigdala. Tuttavia, alcuni studiosi si spingono oltre, ritenendo che la spiritualità sia legata alla cultura, a principi filosofici e religiosi che possono offrirci validi strumenti per conoscere noi stessi, attuare un cambiamento e acquisire conoscenze più profonde.
La spiritualità e la sua pratica hanno a che vedere con la curiosità, la motivazione e il bisogno di canalizzare emozioni come paura, ansia, stress. L’uomo infatti cerca non solo il benessere interiore e l’equilibrio emotivo, ma anche i significati del mondo che lo circonda.
La neuroscienza non accetta l’esistenza di entità soprannaturali, ma cerca di comprendere la motivazione che spinge a praticare attività quali yoga e meditazione, che generano calma e benessere. Queste infatti rilasciano dopamina nell’organismo, aumentano la connettività della corteccia perifrontale e potenziano la plasticità cerebrale, a dimostrazione della possibile connessione tra scienza e spiritualità in un’ottica di comprensione che vada al di là di dottrine e religioni. Lo scopo che ci si pone oggi è infatti una riflessione critica, un cambio di prospettiva volto al raggiungimento di un significato più profondo della nostra identità, un viaggio alla scoperta della pienezza personale e della ricerca della felicità. È necessario perciò un passaggio dalla concezione riduzionistica della realtà a una concezione pluralista del sapere, che coinvolga umanesimo, scienza e psicologia: un viaggio che, ne sono certa, ci porterà lontano.