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Le misure restrittive per il contenimento del coronavirus possono risultare molto pesanti per alcune persone: l’isolamento e il divieto di uscire, in alcuni casi, acuiscono le difficoltà di una convivenza in spazi ristretti con persone poco affini oppure della solitudine. A questo bisogna aggiungere la paura del contagio, la preoccupazione per la diffusione del virus e l’ansia per la crisi economica.

Come ribadito dall’OMS, la prima cosa da tenere bene a mente è che è normale sentirsi stressati, confusi, spaventati e arrabbiati. Può capitare inoltre di avvertire un timore crescente alla sola idea di uscire per fare la spesa o recarsi in farmacia.
Sentirsi a disagio in una situazione che prima veniva percepita come normale può creare in noi un senso di inadeguatezza: è importante però ricordare a noi stessi che stiamo vivendo un evento straordinario e stressante, che sta modificando il nostro modo di vedere e sentire le cose. Si tratta di un cambiamento momentaneo, ma di cui dobbiamo prendere atto.
Oltre a casistiche specifiche, che riguardano persone che soffrono (o hanno sofferto) di disturbi d’ansia oppure agorafobia, anche persone che hanno raggiunto un maggiore equilibrio emotivo possono avvertire il comprensibile timore di uscire da casa perché la situazione che stiamo vivendo è singolare e abbraccia una dimensione collettiva.

Chiunque può avvertire il peso del distress – componente negativa dello stress – e sono molti i fattori che entrano in gioco, a livello individuale, alimentando la voglia di rimanere in casa.
Uscire significa fronteggiare il cambiamento della quotidianità per come la conoscevamo, ritrovarsi a camminare per città deserte e silenziose, incontrare persone che affrettano il passo nascondendosi dietro le mascherine. Questa realtà può disorientare e sconcertare. Ma non finisce qui: a livello neurobiologico, il minor movimento causa una diminuzione della voglia di uscire cui dobbiamo sommare le paure sulla probabilità del contagio e le emozioni provate dopo le prime uscite e la presa di coscienza dell’impatto dei nostri comportamenti.
Chi ha attraversato oppure sta attraversando un evento catastrofico, anche se non subisce danni reali, riscontra l’innescarsi di comportamenti inaspettati dettati dalla tensione emotiva: rientriamo infatti nel campo della psicologia d’emergenza e, per questo motivo, giudicare il proprio comportamento o quello altrui – senza conoscere le reali motivazioni – può indurre a effettuare analisi superficiali.
Prendiamo come esempio le quantità di cibo acquistate al supermercato. Se fare in una volta sola la spesa che normalmente avremmo fatto tre volte per coprire lo stesso lasso temporale è la strategia di coping più efficace, non dobbiamo sentirci in colpa.
L’ansia, la vergogna, la paura e l’alternanza degli stati d’animo che affrontiamo sono sintomi che possono essere sperimentati in questo periodo e avere degli strascichi anche nei mesi a venire. È importante valutare oggettivamente e rimpicciolire la paura che avvertiamo, cercando di trasformarla in carburante e azioni propositive.

Qualora i timori sembrassero insormontabili e le paure proseguissero nel tempo, sarà importante contattare tempestivamente uno specialista.