Tra psicologia, filosofia e dimensione spirituale del vivere
Riguardando i temi che porto nei miei articoli e nei miei colloqui, mi rendo conto che il mio modo di fare psicoterapia è un intreccio di piani diversi: la clinica, la biologia, la relazione, la filosofia, e – senza mai dichiararlo troppo – anche una certa dimensione spirituale, quella che appartiene all’umano da sempre, anche quando non ce ne accorgiamo.
Io non lavoro solo con la mente.
Lavoro con il senso.
Le persone arrivano con un sintomo, ma portano una domanda di significato
Le persone arrivano in terapia dicendo: “Ho ansia”, “Ho attacchi di panico”, “Ho pensieri intrusivi”, “Non so più chi sono”.
Ma sotto il sintomo c’è quasi sempre una domanda più grande, una domanda antica, che appartiene a tutta la storia dell’umanità:
“Cosa significa vivere?”
“Che senso ha quello che sto attraversando?”
“Perché provo ciò che provo?”
È una domanda filosofica, nel senso originario del termine: philo-sophia, amore per la conoscenza dell’esistenza.
E la psicoterapia, quando è fatta bene, è anche questo: un cammino per rimettere ordine tra i pezzi, per trovare un senso che sia vivibile e personale.
Il simbolo come linguaggio dell’anima (e della mente)
Uso spesso personaggi, miti, favole, metafore.
E non è un vezzo narrativo: è un modo per parlare in un linguaggio che l’essere umano conosce da sempre.
I miti sono psicologia prima della psicologia.
Le favole sono psicoanalisi popolare.
I simboli sono ponti tra la parte razionale e quella emozionale.
Quando parlo del Grinch, di Pinocchio, di Dorothy, della strega di Biancaneve, non sto facendo intrattenimento.
Sto parlando di archetipi, di forze interne, di conflitti esistenziali che l’essere umano continua a vivere da millenni.
Dentro ognuno di noi vive un Grinch ferito, un Pinocchio confuso, una Dorothy in cerca di casa, un padre invisibile, un bambino che vuole essere visto.
La filosofia insegna che ciò che è vero del singolo è spesso vero dell’universale.
La psicoterapia, quando funziona, traduce l’universale nel personale.
Il terapeuta come viandante: un’idea esistenziale
Io non mi posiziono sopra, ma accanto.
Non come guida onnisciente, ma come viandante che cammina insieme alla persona.
È un’idea profondamente filosofica:
l’essere umano non procede mai in linea retta, procede per tentativi, deviazioni, ritorni, ripensamenti.
E ogni vita è un cammino.
Nella tradizione spirituale, il viandante è colui che cerca, non colui che sa.
In psicoterapia accade la stessa cosa:
io conosco alcune mappe, ma il paesaggio interiore è sempre una scoperta condivisa.
La spiritualità naturale della psicoterapia
Non parlo di religione.
Parlo di quella dimensione umana che va oltre il dato immediato:
il bisogno di appartenenza la ricerca di un senso il desiderio di connessione la domanda di trascendenza (“perché proprio a me?”) la percezione di qualcosa che ci supera il bisogno di essere visti per ciò che siamo e non per ciò che facciamo
Anche chi non si considera spirituale porta in terapia domande spirituali.
È inevitabile: sono incise nella struttura della nostra coscienza.
La psicoterapia, in fondo, è anche questo:
un luogo dove l’anima (nel suo senso laico) può parlare senza vergogna.
Il setting esteso: il comportamento come filosofia incarnata
Credo molto in ciò che accade fuori dalla stanza.
Il modo in cui il paziente si presenta, aspetta, anticipa, rimanda, scrive, tace, sbaglia, ripete o evita… tutto questo è filosofia incarnata: è il pensiero che diventa gesto, è il passato che prende forma nel presente.
Non c’è distinzione tra teoria e vita:
la vita è una teoria vissuta.
E io non leggo solo le parole, ma i movimenti.
Perché ogni gesto porta con sé un’idea di sé, degli altri, del mondo.
Ciò che cura: filosofia, relazione e presenza
La terapia non guarisce solo perché interpreta, spiega o analizza.
Guarisce perché ci si pensa insieme.
È un atto filosofico: pensarsi, domandarsi, prendersi cura di sé attraverso il pensiero.
È un atto spirituale: sentirsi accolti dentro un legame.
Alla fine, ciò che cura davvero è il fatto che:
qualcuno ti guarda senza giudizio qualcuno ascolta ciò che non dici qualcuno regge la tua parte fragile qualcuno ti restituisce un’immagine più umana e meno severa di te qualcuno ti mostra la possibilità di essere diversi qualcuno ti accompagna mentre diventi te stesso
E tutto questo ha dentro una forma di spiritualità:
quella che nasce quando due esseri umani si incontrano davvero.



