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La psicologia, come scienza, nasce nel 1874 con la pubblicazione da parte di Wundt del volume “Fondamenti di psicologia fisiologica” e con la nascita nel 1879 del primo laboratorio di psicologia di Lipsia, in cui Wundt stesso iniziò a studiare i processi che compongono l’operato mentale secondo il metodo delle scienze naturali.

La corrente di pensiero orientata in senso positivistico che celebrò la nascita della nuova scienza contribuì tuttavia attivamente a sancire il distacco tra psicologia e filosofia, screditando tutte le conquiste e le riflessioni che non fossero state ottenute con il nuovo metodo.
La spiritualità divenne perciò un lusso superfluo, ritenuto addirittura dannoso per la rigorosa ricerca scientifica.
Tuttavia ai più attenti non sarà sfuggito che il positivismo stesso altro non è che una corrente filosofica: ritenere di poter creare una psicologia puramente scientifica è una credenza ingenua e presuntuosa. Lo spirito umano non può essere assoggettato solo al metodo delle scienze naturali: tutti i dati scientifici raccolti nello studio dell’uomo non bastano a comprenderne i meccanismi psichici. Ed ecco che fa capolino la necessità della filosofia nell’interpretazione dei dati di ricerca.

Comprendere l’uomo passa dallo studio delle sue emozioni, della memoria, delle percezioni, degli istinti e così via. Ma è necessario anche considerare l’intera gamma dei comportamenti interiori ed esteriori: solo nella sintesi complessiva di tutti i dati raccolti troveremo innanzi a noi la vera essenza dell’uomo, tenendo conto anche di quelle che un tempo venivano chiamate attività spirituali, come l’immaginazione e il processo creativo.

I fondatori della psicoanalisi e delle sue diverse correnti, quali Freud, Jung e Adler, non furono contagiati dalla frenesia metodologica della psicologia scientifica. La psicoanalisi infatti fa da sempre riferimento all’essere umano nella sua realtà interiore e nella pratica contemporanea della psicoterapia le linee di tendenza non sono mutate. Possiamo anzi sottolineare che le nuove scuole e correnti si differenziano tra loro in quanto sostenitrici di una filosofia sottesa, materialista oppure spiritualista.
In particolare nelle scuole frankliana, steineriana e junghiana, la dimensione spirituale dell’uomo viene accettata, messa in risalto e considerata il luogo interiore, vero e imprescindibile dell’intervento psicoterapico. Le tre impostazioni possono perciò considerarsi in questo senso simili, poiché rispettano la natura complessa dell’uomo, la varietà delle sue esigenze e la profondità della sua esperienza interiore. Ognuna di queste, inoltre, riconosce una gerarchia di bisogni, la cui base è formata dalle pulsioni legate alle funzioni corporee e la cima dai bisogni dello spirito.

La psicologia accademica attuale mostra un ampliamento dell’orizzonte osservativo e una sorta di umanizzazione, ancora lontana dalla riunione delle linee di tendenza – che taluni auspicano in una scienza matura – perché l’ipoteca materialista di stampo positivista si contrappone ancora al riconoscimento scientifico della dimensione spirituale dell’uomo. Un controsenso insomma, perché la psicologia più di ogni altra scienza umana dovrebbe fornire le basi per la fondazione di una scienza dello spirito capace di riunire le concezioni filosofiche che nei secoli precedenti hanno individuato nella psiche umana un elemento di contatto, e di passaggio, tra il mondo terreno e quello divino. L’esistenza delle correnti non materialiste nella psicologia contemporanea sottolinea l’impossibilità di mettere a tacere la profonda realtà interiore dell’essere umano e impone agli studiosi e agli operatori uno sforzo di accettazione e aggregazione che, ne sono certa, avverrà.