Persone, luoghi, profumi, colori, sensazioni: ognuno di noi ha ricordi associati a momenti più o meno lunghi della vita, la cui vivida durata dipende anche dall’intensità dell’emozione che avvertiamo mentre acquisiamo le informazioni.
Accade però che le emozioni possano anche essere negative: in quel caso, il nostro corpo registra sì il ricordo in termini emozionali, ma al tempo stesso le difese fanno sì che sia negato l’accesso alla mente. Ci troviamo di fronte a una sorta di dissociazione tra mente e corpo: i ricordi, impressi proprio nel corpo, si esprimono con un linguaggio ben preciso fatto di tachicardia, apatia e/o fatica a respirare. Quando la connessione preziosa e fondamentale tra corpo e mente viene meno, ricordare può diventare una trappola.
Il funzionamento dei ricordi
Quello dei ricordi è uno dei meccanismi di cui siamo inconsapevoli, ma che ha un’influenza sulle nostre sensazioni e sui nostri comportamenti. Partiamo con ordine. I dettagli, i momenti, le sensazioni che viviamo e che vengono conservati per un lasso di tempo breve finiscono nell’MBT, il cosiddetto magazzino a breve termine. Da qui, questi passano nell’MLT, il magazzino a lungo termine, dove vengono “elaborati” e conservati per ore, giorni, mesi, anni o addirittura per sempre oppure vengono semplicemente scartati.
Tanto più la sensazione sarà intensa, tanto più il nostro cervello veicolerà il ricordo conseguente verso la memoria a lungo termine. Cosa succede quando l’emozione e il ricordo riguardano qualcosa di negativo come la paura? L’emozione rimarrà dentro di noi per ricordarci di potenziali pericoli in base ai quali costruiremo le reazioni adeguate. Accade, però, che l’emozione in questi frangenti sia così forte da sopraffare i normali meccanismi, impedendo la registrazione del ricordo.
Nella trappola dei ricordi
In alcune esperienze di vita capita che il nostro corpo “intrappoli” i ricordi, che rimangono in noi senza che si riesca a dar loro voce. Quando ci troviamo innanzi a un pericolo, il nostro cervello invia informazioni di allerta al nostro corpo, che accelererà i battiti, aumenterà la pressione cardiaca e si preparerà ad attivare meccanismi di fuga o attacco a seconda della situazione. Quando il pericolo percepito è troppo forte, può essere attivato il meccanismo di difesa chiamato freezing, attraverso il quale il corpo, sopraffatto, si blocca. Alcuni avvenimenti particolarmente intensi o di stampo traumatico rimangono in noi anche una volta esaurito il pericolo sotto forma di esperienza, si cronicizzano e portano a uno stato di allerta simile a una costante attesa del pericolo. Emozioni primarie come paura o ansia e secondarie come il senso di inadeguatezza possono condizionare le nostre giornate senza che sia possibile accoglierle oppure elaborarle.
Un adeguato percorso di psicoterapia può venire in nostro aiuto, permettendo l’attivazione di un processo di riparazione attraverso cui riconoscere i ricordi, esplorarli, accoglierli ed elaborarli, liberandoci così dalla trappola delle emozioni non ancora riconosciute.