Seleziona una pagina

Quando l’emergenza sanitaria sarà passata, dovremo fare i conti con gli sconvolgimenti causati dalle distanze, dalle difficoltà economiche e sociali, dalla sospensione dei riti luttuosi.

È presto per fare previsioni circa eventuali cambiamenti rilevanti, ma questo periodo rappresenterà certamente un evento spartiacque da cui organizzeremo il ricordo della nostra vita. Avvertiremo per molto tempo un sentimento di vulnerabilità e allarme, causato dalla percezione di un rischio indeterminato nel tempo e nello spazio.
In questo contesto, emerge la rilevanza della dimensione sociale. Questa diventa infatti molto visibile: non bisogna uscire perché a prevalere dev’essere la necessità di preservare la salute pubblica. In un momento in cui le scelte del singolo impattano sul destino di molti, la prospettiva cambia radicalmente.
Il senso di appartenenza, di identità sociale e condivisa, che è un elemento tradizionale della nostra cultura la cui importanza si è manifestata in diverse fasi storiche, sembra conoscere una nuova primavera. Si osserva infatti una dinamica tipica della psicologia sociale: se viene attivata una categorizzazione tra gruppi sociali, questo determina una riscoperta del valore di appartenenza. Ne sono un esempio, nella dimensione sociale più informale, i flashmob sui balconi. Dal momento che non possiamo fare ciò che solitamente facciamo insieme agli altri perché dobbiamo rimanere in casa, creo nuove attività e forme di espressione. Nel flashmob ritroviamo inoltre una componente dei rituali propiziatori: suonare, cantare e mangiare insieme sono elementi che allontanano la tristezza del momento, comuni a rituali che vanno dalle feste di compleanno alle celebrazioni religiose.
Non poter celebrare insieme proprio queste festività, i matrimoni e i funerali, equivale alla rinuncia a riti di passaggio che sanciscono l’entrata, la permanenza oppure l’uscita dell’individuo dalla comunità. Sono momenti significativi perché irreversibili e la rinuncia momentanea a essi può incidere negativamente sull’individuo dal punto di vista psicologico. Seppur variabili nella storia dell’umanità, questi riti sono una costante cui siamo chiamati a rinunciare. In particolare, l’impossibilità di organizzare funerali porta con sé la rinuncia alla dimensione pubblica dell’accettazione della morte: l’elaborazione privata del dolore diviene perciò ancor più faticosa e non sempre sufficiente.
Tutto ciò che facciamo viene fatto con gli altri, tutto ciò che sentiamo viene fatto insieme agli altri e in relazioni agli altri. La socializzazione, anche nella forma del dolore, ci aiuta a trovare significati per ciò che succede.
Tanto siamo abitudinari, quanto sappiamo essere innovativi. Queste lunghe settimane di isolamento preventivo mostrano la nostra capacità di trovare modi sempre nuovi per portare a termine ciò che prima facevamo diversamente. L’uomo ha infatti una straordinaria capacità di adattamento, seppur non senza fatica, e sta dimostrando di sapersi adeguare a questa nuova e stressante condizione. Siamo in costante cambiamento e al tempo stesso cerchiamo di instaurare abitudini rassicuranti: questo non può che essere un riuscito esercizio di resilienza.