A Natale il dono sembra occupare il centro della scena.
Ci si interroga su cosa regalare, su quanto spendere, su cosa possa piacere.
Eppure, nel mio lavoro di psicoterapeuta, ho imparato che il dono non è mai solo ciò che si scambia con le mani: è qualcosa che parla della relazione.
Il dono, in fondo, dice sempre una cosa:
“Ti ho pensato.”
Il dono come gesto relazionale
Dal punto di vista psicologico, il dono non è mai neutro.
È un atto simbolico che comunica:
riconoscimento appartenenza gratitudine desiderio di legame bisogno di essere visti
Per questo il Natale è un tempo delicato: perché riattiva il tema dello scambio affettivo.
Non tanto cosa riceviamo, ma da chi e come.
Un dono può scaldare o ferire.
Può far sentire visti o completamente fraintesi.
Può unire o ricordare una distanza.
Quando il dono pesa
In terapia, nel periodo natalizio, emergono spesso racconti legati a doni che hanno lasciato un senso di vuoto:
regali costosi ma impersonali regali mancati doni dati per obbligo doni che non tengono conto della persona regali che sembrano chiedere qualcosa in cambio
Il dono, quando è svuotato di relazione, perde la sua funzione e diventa solo un oggetto.
E a volte diventa persino un modo per evitare il contatto emotivo.
Il dono come riconoscimento dell’altro
Il dono autentico non riguarda il valore economico.
Riguarda la capacità di vedere l’altro per ciò che è.
Un dono riuscito è quello che dice:
“So qualcosa di te.”
“Ti ho osservato.”
“Ti ho tenuto a mente.”
Ed è per questo che spesso i doni più semplici sono quelli che restano di più.
Una nota personale: i doni dei pazienti
Ogni Natale ricevo dai miei pazienti piccoli doni.
Non li vivo mai come un gesto dovuto, né come qualcosa di scontato.
Li sento, piuttosto, come segni di una relazione che ha avuto senso.
A volte sono biglietti, a volte libri, a volte oggetti fatti a mano, a volte cose semplicissime.
Ma ciò che li rende preziosi non è l’oggetto in sé:
è il pensiero che li accompagna.
In quei gesti leggo gratitudine, affetto, riconoscimento, a volte anche un modo per dire grazie quando le parole faticano a uscire.
E per me, come terapeuta, sono anche un promemoria importante:
la psicoterapia non è solo lavoro clinico, è incontro umano.
Il dono in psicoterapia: ciò che non si incarta
C’è poi un altro livello di dono, quello invisibile, che non passa dagli oggetti.
In terapia, ogni incontro è uno scambio:
il paziente porta la propria storia il terapeuta offre presenza insieme si costruisce senso
Il vero dono non è quello che resta sotto l’albero,
ma quello che una persona porta con sé quando esce dalla stanza:
uno sguardo nuovo su di sé, una parola che libera, una ferita che fa un po’ meno male.
Natale come tempo per interrogarsi sul senso del dono
Forse il Natale può essere anche questo:
un momento per chiederci non tanto cosa regalare,
ma come siamo in relazione con gli altri.
Se il dono nasce da un pensiero autentico,
se non chiede nulla in cambio,
se non serve a colmare un vuoto o a sedare un senso di colpa,
allora diventa un gesto che nutre.
Il dono, quando è vero, non riempie uno spazio.
Crea un legame.
E forse è proprio questo il senso più profondo del Natale:
ricordarci che ciò che conta davvero non è ciò che si scambia,
ma ciò che si riconosce nell’altro.



