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Nella vita dei bambini il gioco costituisce una delle attività principali attraverso cui costruire il senso di sé, dare vita al proprio mondo interno e sviluppare capacità cognitive, motorie, relazionali ed emotive. Nella fascia d’età tra 0 e 3 anni, in particolare, il gioco conosce uno sviluppo significativo e segue lo sviluppo stesso dei bambini. Conoscerne l’evoluzione consente ai genitori di offrire proposte ludiche adeguate.

Il gioco, la vista e l’udito

Nei primi mesi di vita, data l’immaturità visiva e motoria del neonato, l’adulto potrà proporre giochi visivi e di interazione basati sul movimento di oggetti di forma geometrica di colore bianco, nero o rosso (i primi che il neonato è in grado di distinguere). L’udito potrà invece essere stimolato con canzoncine o ninne nanne, importanti sia per lo sviluppo futuro del linguaggio che ai fine affettivi e relazionali. La voce di chi accudisce, infatti, rassicura, calma e fa sentire protetti.

Il tatto

Intorno ai 6 mesi, quando il bambino è in grado di mantenere la postura seduta, inizia a guardare il mondo in un’altra prospettiva e può essere utile fornire stimoli che gli consentano di iniziare a esplorare e manipolare. Il “cestino dei tesori” è uno dei giochi che si può costruire in casa e consente di iniziare a conoscere il mondo attraverso i sensi. Si tratta di un semplice contenitore in cui collocare oggetti fatti di materiali naturali, come per esempio tappi, gomitoli, cucchiai di legno, che il bambino può esplorare con la bocca e con le mani.

Il movimento

Quando il bambino inizia a gattonare e camminare, esplora il mondo in autonomia  e il gioco è caratterizzato dalla manipolazione e dall’osservazione della propria capacità di agire sugli oggetti. Attraverso il gioco ripetitivo, il bambino sperimenta il piacere di scoprire che a ciascun gesto corrisponde una conseguenza. In questo momento il bambino inizia a lanciare i giochi, a seguirli con lo sguardo, a spingere e trascinare piccoli oggetti.

‍Il gioco e il linguaggio

Quando compaiono il linguaggio e le maggiori abilità motorie, il gioco inizia a basarsi sull’imitazione del linguaggio e dei gesti degli adulti. Il gioco è ancora individuale, ma nasce il gioco parallelo: in questa fase il bambino inizia a notare, e a tollerare, la presenza dell’altro durante il gioco.

All’adulto spetta il compito di sostenere l’autonomia del gioco, mettendo a disposizione del bambino elementi e oggetti della vita quotidiana affinché esso possa ricercare gli strumenti con cui alimentare il proprio desiderio di imitazione e sentirsi in grado di fare da solo, aumentando così la percezione di saper fare e l’autostima.

Il gioco e le relazioni

Lo sviluppo del linguaggio fa sì che il gioco diventi sempre più di relazione, ossia insieme all’altro. I bambini, attraverso il gioco, esprimono il proprio vissuto emotivo e, talvolta, lo traslano sugli oggetti di gioco. In questo modo riescono a liberarsi di angosce e frustrazioni, riparando le ferite interne. Compaiono in questa fase il gioco simbolico, immaginativo e di cooperazione.

L’utilizzo dello schermo

Lo schermo può intrattenere il bambino oppure avvicinarlo a chi è fisicamente distante, ma un uso eccessivo lo priva dell’esperienza reale fatta di scoperte, interazione e gioco che, soprattutto nei piccolissimi, è un aspetto essenziale della crescita. Le raccomandazioni degli esperti sconsigliano l’esposizione prima dei due anni e ne suggeriscono un utilizzo limitato tra i due e i quattro anni: si sottolinea così l’importanza del contatto diretto con la realtà e l’utilizzo del corpo, delle percezioni e dei sensi per scoprire il mondo e scoprirsi nel mondo.

Come possono gli adulti arricchire l’esperienza?

I sensi e il corpo rappresentano il primo strumento di gioco. L’adulto può, perciò, farsi promotore di proposte sensoriali volte ad arricchire le esperienze infantili e le relazioni del bambino con l’altro e con il mondo che lo circonda. L’adulto può osservare il gioco, prendervi parte e soprattutto lasciar fare quando si rende conto che il bambino sta scoprendo qualcosa di sé e del mondo. L’adulto farà così sentire il bambino “visto”, degno di attenzione e soprattutto amato.