Quando pensiamo alla psicoterapia, ci viene in mente la classica scena: due persone in una stanza, sedute una di fronte all’altra.
Ed è vero, quello è il cuore del lavoro.
Ma oggi non basta più dire che la terapia avviene solo lì dentro.
Perché ciò che accade fuori dalla stanza – nei comportamenti, nei tempi, nei contatti – è altrettanto parte del percorso.
Gli agiti fuori dalla seduta
Un paziente non comunica solo con le parole dette durante l’ora di terapia.
Ci parla anche attraverso i suoi agiti:
arrivare sempre in ritardo o, al contrario, con eccessiva puntualità, chiedere di anticipare, rinviare o spostare spesso l’incontro, mandare messaggi al terapeuta tra una seduta e l’altra, essere confuso nell’organizzare il tempo o rigidamente preciso.
Tutti questi aspetti non sono semplici “dettagli logistici”: raccontano qualcosa della relazione, delle modalità di funzionamento, dei bisogni e delle resistenze del paziente.
I nuovi mezzi di comunicazione
Con l’arrivo dei nuovi canali digitali, il campo terapeutico si è ampliato.
Mail, messaggi, vocali, richieste improvvise: anche questi sono parte integrante della relazione terapeutica.
Non sono “rumori di fondo”: sono materiale clinico.
Un paziente che scrive in piena notte, uno che invia lunghi messaggi tra una seduta e l’altra, o uno che sparisce del tutto, ci dice molto su come vive i legami, la dipendenza, l’autonomia, il bisogno di contatto.
Il concetto di setting esteso
Tutto questo rientra in ciò che chiamiamo setting esteso.
Il setting non è più solo lo spazio-tempo della seduta, ma l’insieme delle modalità con cui il paziente si rapporta al terapeuta dentro e fuori dalla stanza.
Il terapeuta, infatti, non valuta solo ciò che viene detto nel colloquio, ma anche come il paziente occupa lo spazio, il tempo e il legame:
puntualità o ritardi, confusione o precisione, messaggi, silenzi, interruzioni.
Ogni elemento diventa parte della comprensione clinica, perché la relazione terapeutica è già una rappresentazione delle relazioni che il paziente vive altrove.
Conclusione
La terapia non finisce con il saluto alla porta.
Tutto ciò che avviene “fuori” – i messaggi, i ritardi, i silenzi, gli agiti quotidiani – fa parte del processo tanto quanto le parole dette in seduta.
Parlare oggi di psicoterapia significa parlare di setting esteso: un campo relazionale che non si chiude nelle quattro mura dello studio, ma che abbraccia ogni modalità con cui paziente e terapeuta entrano in contatto.
Perché, in fondo, la vera terapia non è confinata in un’ora a settimana: è un dialogo continuo, che si gioca nei piccoli gesti, nei tempi, nei modi.
E lì, spesso, c’è il materiale più autentico per comprendere e trasformare.



