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La terapia fuori dalla stanza: il valore del “setting esteso”

da | 24 Set 2025

Quando pensiamo alla psicoterapia, ci viene in mente la classica scena: due persone in una stanza, sedute una di fronte all’altra.

Ed è vero, quello è il cuore del lavoro.

Ma oggi non basta più dire che la terapia avviene solo lì dentro.

Perché ciò che accade fuori dalla stanza – nei comportamenti, nei tempi, nei contatti – è altrettanto parte del percorso.

Gli agiti fuori dalla seduta

Un paziente non comunica solo con le parole dette durante l’ora di terapia.

Ci parla anche attraverso i suoi agiti:

arrivare sempre in ritardo o, al contrario, con eccessiva puntualità, chiedere di anticipare, rinviare o spostare spesso l’incontro, mandare messaggi al terapeuta tra una seduta e l’altra, essere confuso nell’organizzare il tempo o rigidamente preciso.

Tutti questi aspetti non sono semplici “dettagli logistici”: raccontano qualcosa della relazione, delle modalità di funzionamento, dei bisogni e delle resistenze del paziente.

I nuovi mezzi di comunicazione

Con l’arrivo dei nuovi canali digitali, il campo terapeutico si è ampliato.

Mail, messaggi, vocali, richieste improvvise: anche questi sono parte integrante della relazione terapeutica.

Non sono “rumori di fondo”: sono materiale clinico.

Un paziente che scrive in piena notte, uno che invia lunghi messaggi tra una seduta e l’altra, o uno che sparisce del tutto, ci dice molto su come vive i legami, la dipendenza, l’autonomia, il bisogno di contatto.

Il concetto di setting esteso

Tutto questo rientra in ciò che chiamiamo setting esteso.

Il setting non è più solo lo spazio-tempo della seduta, ma l’insieme delle modalità con cui il paziente si rapporta al terapeuta dentro e fuori dalla stanza.

Il terapeuta, infatti, non valuta solo ciò che viene detto nel colloquio, ma anche come il paziente occupa lo spazio, il tempo e il legame:

puntualità o ritardi, confusione o precisione, messaggi, silenzi, interruzioni.

Ogni elemento diventa parte della comprensione clinica, perché la relazione terapeutica è già una rappresentazione delle relazioni che il paziente vive altrove.

Conclusione

La terapia non finisce con il saluto alla porta.

Tutto ciò che avviene “fuori” – i messaggi, i ritardi, i silenzi, gli agiti quotidiani – fa parte del processo tanto quanto le parole dette in seduta.

Parlare oggi di psicoterapia significa parlare di setting esteso: un campo relazionale che non si chiude nelle quattro mura dello studio, ma che abbraccia ogni modalità con cui paziente e terapeuta entrano in contatto.

Perché, in fondo, la vera terapia non è confinata in un’ora a settimana: è un dialogo continuo, che si gioca nei piccoli gesti, nei tempi, nei modi.

E lì, spesso, c’è il materiale più autentico per comprendere e trasformare.

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