In terapia mi capita spesso di incontrare persone che desiderano una relazione profonda, autentica, stabile… ma allo stesso tempo ne hanno una paura immensa.
E non faccio fatica a capirlo: ogni volta che ci leghiamo davvero a qualcuno, apriamo la porta al dolore.
È una verità che nessuno ama guardare in faccia, ma è lì, immobile, come una legge dell’esistenza:
ogni relazione profonda porta con sé un possibile lutto.
Non per forza un lutto reale.
A volte è un lutto simbolico: la perdita di un’idea, di un’immagine dell’altro, di un’illusione.
A volte è il lutto del cambiamento, della disillusione, o della distanza.
Ma il rischio c’è sempre.
Il paradosso dell’amore: vogliamo fusione, temiamo perdita
Ogni relazione significativa mette in gioco un paradosso:
più mi avvicino, più ho qualcosa da perdere.
Più amo, più rischio.
Più mi affido, più posso cadere.
È questo paradosso che in terapia vedo provocare:
blocchi relazionali amori trattenuti intimità sfuggite attaccamenti a metà chiusure improvvise
Perché l’intimità non è solo dolcezza.
È anche responsabilità, vulnerabilità, esposizione.
Il lutto come parte della vita relazionale
Non è solo quando una relazione finisce che viviamo un lutto.
Viviamo micro-lutti ogni volta che:
l’altro non è come speravamo una parte del rapporto cambia perdiamo un’illusione dobbiamo accettare limiti e imperfezioni una fase della relazione finisce per far posto a un’altra
Ogni relazione profonda ci costringe a rinunciare a qualcosa.
E questa rinuncia, anche quando fa crescere, ha il sapore di una piccola perdita.
Il coraggio di restare: dove nasce il vero legame
Spesso in terapia dico che la differenza non sta nel non avere paura del dolore, ma nel non lasciare che la paura decida per noi.
Le relazioni non richiedono incoscienza, ma coraggio:
il coraggio di restare pur sapendo che potremmo soffrire,
il coraggio di lasciarsi vedere,
il coraggio di non scappare quando qualcosa tocca un punto fragile.
È lì che si misura la profondità di una relazione:
nella capacità di tollerare anche le sue parti dolorose.
Perché vale la pena rischiare
Perché, alla fine, non c’è vita senza relazione.
E non c’è relazione senza rischio.
Lo impariamo presto: quando ci innamoriamo, quando diventiamo genitori, quando ci leghiamo a qualcuno, quando ci affidiamo a un’amicizia.
Ogni volta mettiamo qualcosa di nostro nelle mani dell’altro.
Ma è proprio questo rischio che dà valore al legame:
senza la possibilità del lutto, non esisterebbe nemmeno la possibilità dell’amore.
In terapia: imparare a sopportare l’incertezza dell’affetto
Una parte enorme del lavoro terapeutico consiste nell’aiutare le persone a reggere questa incertezza.
A tollerare il fatto che amare significa non controllare.
Che affezionarsi significa aprire uno spazio vuoto: quello della possibilità che l’altro possa andar via, cambiare, deluderci.
Eppure, paradossalmente, è solo accettando questo rischio che possiamo vivere relazioni piene, non difensive, non anemiche.
La terapia diventa allora un laboratorio:
un luogo dove imparare che si può essere vicini senza annullarsi, distanti senza perdersi, vulnerabili senza crollare.
Conclusione
Sì, ogni relazione profonda porta con sé la possibilità del dolore.
Ma è un dolore che appartiene alla vita, non un segno di fragilità.
Chi ama rischia.
Chi si lega rischia.
Ma è proprio lì, nel rischio accettato, che nasce la parte più viva, più vera, più umana della nostra esistenza.
Perché il lutto è il prezzo della profondità,
ma la profondità è il dono di essere vivi.



