Ci risiamo: mancano pochi giorni a Natale, le vie delle nostre città pullulano di addobbi e lucine, la voce di Micheal Bublé risuona nelle strade e ci prepariamo alle consuete abbuffate. Sono due le reazioni tipiche a questo tran tran: la gioia e l’ansia.
Le feste comandate portano una spinta a comportamenti social ben definiti e attesi che possono causare ansia: si pensi al detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” oppure alla corsa al regalo persino per quella prozia che non vediamo da tempo.
C’entrano l’identità, le relazioni familiari e la percezione del tempo. Secondo lo psicoanalista Erik Erikson, la nostra identità si plasma durante tutto il ciclo della vita ma è durante l’adolescenza che entriamo in conflitto con i valori appresi e da adulti acquisiamo – o piuttosto dovremmo acquisire – una autonomia maggiore rispetto al nucleo familiare di origine. Alcuni di noi tuttavia acquisiscono le aspettative familiari più di altri e limitano l’esplorazione delle possibili identità: avvertono insomma una sorta di lealtà verso gli standard trasmessi dalla rete familiare. Crescendo, una parte di questi verranno mantenuti come parte della propria identità mentre altri verranno rigettati in virtù di un modo di vivere più affine alla propria personalità. Le feste comandate verranno perciò vissute in maniera insofferente proprio a causa del distacco interiore dai rituali di una famiglia in cui non ci si riconosce più.
Vi sono poi i problemi relazionali: le famiglie possono infatti essere fonte di protezione ma anche di disagio. Questi problemi rimangono solitamente in agguato, irrisolti, pronti a fare capolino attraverso le consuete dinamiche proprio durante i cenoni o i pranzi delle feste causando magari stati di allerta prima ancora di partire.
L’ultimo fattore da considerare è la percezione dello scorrere del tempo: per alcune persone le feste sono sinonimo di tempo perso, mentre per altre rappresentano un momento di bilanci, causando così un maggiore grado di stress.
Vademecum di sopravvivenza
- Per vivere il Natale senza avvertire obblighi, è importante spogliarsi del dovere legato al pretendere da noi stessi e dagli altri un Natale perfetto e domandarci cosa intendiamo per Natale perfetto: dovrebbe corrispondere a un ideale preconfezionato che viene da un modello esterno oppure a ciò che davvero desideriamo, al di là di tradizioni implicite?
- Riduciamo lo stress e ridimensioniamo le aspettative: scegliamo festeggiamenti più vicini alla nostra personalità, partendo magari da piccoli cambiamenti capaci di ispirare nuove visioni.
- Rimbocchiamoci le maniche e compiamo piccoli atti di coraggio volti a grandi cambiamenti nel tempo.
- Armiamoci di ironia per le temutissime domande dei parenti: “Ma quando ti laurei/sposi? E lo studio/il lavoro? Ma quando fai un figlio?”. Spesso vengono pronunciate dagli altri per distogliere l’attenzione dalle loro stesse problematiche. Rispondiamo con ironia e ricominciamo ad ascoltarci gli uni gli altri, sarà un esercizio piacevolissimo e di pieno spirito natalizio.