Si definisce come autoefficacia percepita la valutazione che diamo a noi stessi sulla nostra capacità di sapere fare – o non saper fare – qualcosa. Risponde alle domande “Riesco a farlo?”, “Sono capace?” ed è legata a compiti specifici e alla nostra capacità di portarli a termine. Influenza, inoltre, le nostre aspettative, quelle degli altri e la consapevolezza nelle nostre stesse capacità, permettendoci così di costruire e sviluppare rapporti interpersonali di qualità, guidando la nostra quotidianità.
Può capitare di confondere l’autoefficacia e l’autostima. Scopriamo le principali differenze:
- L’autostima è il giudizio sul nostro valore, che si costruisce sin dalla più tenera età e ci permette di amare noi stessi;
- L’autoefficacia è invece, come sosteneva lo psicologo sociale Albert Bandura, l’insieme di quelle “valutazioni che le persone danno rispetto al sentirsi capaci di eseguire determinate azioni e di raggiungere livelli stabiliti di prestazione in specifici compiti e ambiti di vita”.
I livelli di autoefficacia
Vi sono diversi livelli di autoefficacia, in base ai quali possiamo notare effetti differenti sulla persona.
Un livello alto di autoefficacia permette di:
- individuare obiettivi chiari,
- affrontare la percezione del controllo sulla situazione,
- controllare le distrazioni,
- gestire l’ansia,
- affrontare al meglio rischi, stress e difficoltà.
Un livello basso di autoefficacia provoca:
- eccessiva preoccupazione per i propri fallimenti
- sopravvalutazione delle capacità dell’altro
- paura di non essere abbastanza
- incapacità di concentrarsi adeguatamente su un compito.
L’autoefficacia nella vita quotidiana
Secondo Bandura, l’autoefficacia influenza il modo in cui le persone sento, trovano dentro loro le motivazioni personali e agiscono di conseguenza. Le persone con molta autoefficacia tendono a mettersi in gioco, a nutrire minori timori nei confronti delle nuove sfide e ad attribuire eventuali insuccessi a uno scarso impegno. Sentirsi all’altezza dei compiti ci dà la forza per riprovare e cambiare l’esito degli eventi. Sul lavoro, per esempio, una buona autoefficacia ci permette di adottare comportamenti assertivi.
Se, invece, la nostra autoefficacia è bassa, tendiamo a rifuggire rischi e sfide, a essere più arrendevoli attribuendo gli insuccessi alle nostre scarse capacità. Non ci sentiamo all’altezza dei compiti richiesti e, di conseguenza, rinunciamo alle sfide e alle opportunità per timore di fallire nuovamente.
Costruire l’autoefficacia
È possibile costruire l’autoefficacia, anche da adulti? Certo che sì, sfidando le nostre capacità. Bisogna infatti fare qualcosa che non pensiamo di sapere fare e, se ci riusciremo, avremo una considerazione positiva di noi stessi. L’autoefficacia si costruisce esponendoci a sfide e situazioni che ci mettono alla prova, in maniera graduale, anche grazie all’aiuto di persone che credano in noi. L’esposizione a difficoltà o contesti complessi deve avvenire pian piano, onde evitare che si ostacoli la costruzione della fiducia in sé. Affrontare sfide adeguate consentirà di costruire e accrescere l’autoefficacia percepita.
Gli effetti dell’autoefficacia
L’autoefficacia è un circolo che si autoalimenta, sia positivamente che negativamente, ma ha una propria evoluzione specifica.
Il circolo dell’autoefficacia in positivo prevede:
- autoefficacia,
- fiducia in se stessi,
- aumento del rendimento e della motivazione,
- miglioramento della prestazione e maggiori risultati positivi,
- autoefficacia.
Il modo in cui percepiamo noi stessi e le nostre capacità ha effetti su ciò che facciamo, su come lo facciamo, sulle scelte e sull’idea che abbiamo di noi stessi. Coltivare la nostra autoefficacia ci permette di generare un maggiore coinvolgimento, benessere e positività, alimentando un circolo di crescita e serenità.
Qualora sentissimo spesso di non essere all’altezza e il disagio ostacolasse la nostra quotidianità, potremmo rivolgerci a un professionista per indagarne le cause e trovare un nuovo equilibrio.