La salute e il benessere fisico e psicologico dei lavoratori stanno diventando temi sempre più centrali nei contesti aziendali, nelle fabbriche e in tutti quegli ambienti in cui l’andamento del lavoro e della produzione tiene in considerazione non solo il singolo lavoratore in quanto “produttore”, ma l’individuo nella sua totalità, nel suo benessere individuale e di gruppo. Lavoratori in uno stato di salute psicofisico e relazionale precario saranno lavoratori anche meno produttivi.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “si definisce luogo di lavoro sano quello in cui lavoratori e dirigenti, sulla base dei bisogni evidenziati, collaborano attivamente nell’ambito di un processo di continuo miglioramento per tutelare e promuovere la salute, la sicurezza e il benessere i tutti i lavoratori nonché la sostenibilità dell’azienda”. L’ OMS, inoltre, aggiunge che nella valutazione delle attività volte al benessere dei lavoratori è indispensabile includere sia elementi di rischio fisico (come, per esempio, esposizione a sostanze tossiche o spazi di lavoro non adeguati) sia elementi di rischio psicosociale (come, per esempio, situazioni di lavoro stressanti o relazioni personali tra colleghi non adeguate). Da questa definizione nasce il concetto di “felicità sul lavoro”, che riguarda tutti gli attori presenti all’interno di un contesto lavorativo.
Oggigiorno si fa sempre più spazio un’idea diversa della natura del lavoro dove il risultato finale, in questo caso la produttività, è condizionata dal livello di benessere e dalla qualità del contesto. A questo proposito, W. C. Borman e S. J. Motowildo già nel 1993 hanno distinto la cosiddetta task performance – cioè la capacità riferita al compito – dalla cosiddetta contexual performance – cioè la capacità che fa riferimento al contesto. Nel primo caso si fa riferimento alla performance relativa al raggiungimento di un aumento della produzione in senso stretto, mentre nel secondo si prendono in considerazione le conoscenze sul prodotto venduto, lo scopo della vendita e la gestione del tempo.
La contexual performance si basa soprattutto su tutti quegli elementi che sostengono e danno valore al contesto organizzativo, sociale e psicologico e che sono da fondamenta a tutte quelle attività legate ai compiti (Borman e Motowidlo, 1997).
La psicologia del lavoro detiene appunto il compito di promuovere il benessere lavorativo, aziendale e individuale, occupandosi delle relazioni tra i lavoratori e il loro contesto analizzando i fattori personali relativi cioè al grado di benessere psico fisico, alle relazioni tra lavoratori e tra lavoratori e datore di lavoro. Questo compito viene svolto attraverso diversi strumenti quali questionari conoscitivi, osservazione dei contesti, colloqui clinici e di sostegno, sia individuali che di gruppo.
Si pone finalmente maggiore consapevolezza sul fatto che un forte stress sul lavoro possa ripercuotersi negativamente sulla salute degli individui e delle organizzazioni (ISPESL, 2002): per questa ragione, in Italia il Testo Unico sulla Salute e sulla Sicurezza Lavorativa (D.Lgs. 81 del 9 aprile 2008) ha reso obbligatoria anche la valutazione del rischio stress lavoro-correlato. Tra i rischi maggiormente conosciuti troviamo lo stress, il burnout e il mobbing.
Per stress sul lavoro si intende quello stato di esaurimento fisico e mentale a cui un soggetto è sottoposto a causa, per esempio, di richieste eccessive o inadeguate da parte del contesto lavorativo o di un ambiente insalubre, sia sul piano relazionale che fisico. Tra i sintomi correlati allo stress ritroviamo patologie cardiovascolari e disturbi dell’umore e del comportamento. Tra le forme di stress più studiate troviamo il burnout, che è una forma di stress cronico e persistente associato al contesto lavorativo. Di solito maggiormente associato a lavori di aiuto o comunque di interazione (medici, infermieri, operatori sanitari, avvocati, segretari, ecc.), il burnout viene tradotto letteralmente come “bruciato”, “scoppiato”, “esaurito”: il soggetto vive, infatti, una condizione di logoramento, sente di non farcela più, percepisce le sue risorse concluse e non possiede più le strategie comportamentali e cognitive adatte a fronteggiare la situazione. Il lavoratore si sente schiacciato dall’ insoddisfazione e dalla routine quotidiana. Con il passare del tempo il burnout conduce a un distacco mentale e di investimento dal proprio lavoro, che sfocia talvolta in comportamenti di indifferenza, cinismo, assenteismo, fino a una vera e propria depressione. Nel 2019 il burnout è stata definita una vera e propria sindrome e come tale viene indicata nell’ICD, la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati stilata dall’OMS.
Il mobbing, invece, secondo l’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro consiste in “un comportamento ripetuto, irragionevole, rivolto contro un dipendente o un gruppo di dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza”. La definizione invece che descrive maggiormente la realtà italiana e che proviene dall’ Istituto Superiore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro (ISPESL, 2001), secondo cui il mobbing è “una forma di violenza psicologica intenzionale, sistematica e duratura, perpetrata in ambiente di lavoro, volta all’estromissione fisica e /o morale del soggetto dal processo lavorativo o dall’ impresa”. Il mobbing può essere strategico, cioè derivante sia dal datore di lavoro che dai colleghi, e ha il preciso compito di escludere il lavoratore dall’azienda, oppure emozionale o relazionale, causato da alterazioni delle relazioni interpersonali all‘interno del contesto lavorativo, oppure senza intenzionalità dichiarata, causato da uno stato di minaccia della propria posizione lavorativa in cui si sente un lavoratore nei confronti di un altro collega il primo a “difendersi” utilizzando molestie morali. In questo caso l’azienda ne è responsabile. in quanto non è stata capace di intercettare il disagio.
Alla luce di quanto descritto è importante che le aziende pongano particolare attenzione al clima di lavoro e al benessere dei propri dipendenti al fine di poter guadagnare una produzione del lavoro più efficiente, efficace e maggiormente duratura nel tempo. Il benessere dei lavoratori dovrebbe essere il motore primario senza il quale la grande macchina della produttività non si attiva al meglio delle sue capacità e delle risorse.