Concludere il percorso psicoterapico, magari dopo alcuni anni, è considerato l’ultimo atto terapeutico del setting clinico. Il terapeuta e il paziente terminano il loro percorso comune quando sono stati raggiunti gli obiettivi preposti inizialmente con la stipula del contratto terapeutico, ma non è la prima separazione che i due attori affrontano. La fine di ogni seduta può essere considerata una cesura che mette alla prova il rapporto stesso, ma la differenza sta nel fatto che questa volta sarà permanente.
Una volta raggiunta la consapevolezza del termine della terapia, il paziente potrà sviluppare diversi tipi di comportamento: alcuni mostreranno un atteggiamento di gratitudine, mentre altri potranno passare in rassegna il percorso alla ricerca di colpe o mancanze. La  fine della terapia deve perciò avvenire in maniera graduale e tollerabile, evitando di riprodurre situazioni traumatiche di separazione e offrendo al paziente la possibilità di elaborare la propria reazione.
Per questo motivo, la fine della terapia è concordata insieme e prevede un bilancio in cui vengono riconosciuti gli obiettivi raggiunti, come la sensazione di conoscersi meglio e il senso di autoefficacia.
Secondo Michael Fordham, i sentimenti più comuni di questa fase sono:
- il rimpianto per gli eventuali obiettivi non raggiunti;
- la tristezza per la perdita del rapporto con lo psicoterapeuta;
- la gratitudine per quanto di buono ha portato il percorso terapeutico.
È importante che i terapeuti invitino i pazienti a condividere questi stati e li rassicurino sulla capacità di fronteggiarli sia in autonomia sia sulla possibilità di essere ricontattati in caso di reale necessità per discutere un’eventuale ripresa del lavoro.
Per garantire una buona conclusione al processo terapeutico e preservare i risultati ottenuti, è necessario aiutare il paziente ad attribuirsi i meriti dei cambiamenti, creare meccanismi di sicurezza per affrontare eventuali ricadute e facilitare il processo da una vita con la terapia ad una senza di essa.
Occorre sottolineare che una terapia non termina con la conclusione delle sedute: ogni buon percorso terapeutico continuerà nella mente e nelle azioni del paziente con le capacità assimilate e sviluppate nel percorso stesso. Una terapia andata a buon fine infatti consente di gestire le angosce e i conflitti e il paziente è in grado di recuperare dentro di sé le risorse per un’esistenza autonoma ed equilibrata. Risultati importanti avvengono spesso anche dopo il termine del percorso con il clinico: il processo di crescita è costante e il paziente ha acquisito mezzi più efficaci per proseguire da solo il lavoro.
Ciascun paziente e ciascun processo terapeutico sono diversi perciò ogni caso sarà a sé stante, ma non bisogna dimentica che a essere coinvolto in questo turbinio di emozioni non è solo il paziente, ma anche lo psicoterapeuta. La tristezza da separazione infatti può, comprensibilmente, interessare entrambi.