Ricorre oggi, 15 marzo, la XI Giornata nazionale del Fiocchetto lilla, dedicata all’informazione e alla prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare. Sancita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nel 2018, in realtà viene promossa già dal 2012 su iniziativa dell’associazione “Mi nutro di vita” e da Stefano Tavilla, che ha perso la figlia Giulia a soli 17 anni per bulimia proprio mentre era in attesa di ricovero in una struttura dedicata. Lo scopo della giornata è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei dca e offrire speranza e supporto a quanti stiano lottando e alle loro famiglie.
Secondo DSM-5, i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione “si caratterizzano da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”. Si tratta di un fenomeno spesso sottovalutato, ma che insorge prevalentemente durante l’adolescenza e colpisce circa 3 milioni di giovani in Italia: di questi, il 95,9% sono donne e il 4,1% uomini.
I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione vanno dalla diminuzione dell’introito di cibo al digiuno, dalle crisi bulimiche al vomito per controllare il peso, passando anche per l’uso di lassativi o diuretici e l’intensa attività fisica. I disturbi dell’alimentazione principali sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il BED (disturbo dell’alimentazione incontrollata o binge eating disorder). I manuali diagnostici indicano quali disturbi correlati anche i disturbi alimentari cosiddetti sottosoglia (definizione utilizzata per descrivere quei pazienti che, pur avendo un disturbo clinicamente significativo, non soddisfano i criteri necessari per una diagnosi piena) e i disturbi della nutrizione (o feeding disorder). Soffrire di un DCA comporta non solo conseguenze negative sul piano organico, ma ha anche effetti sul funzionamento sociale della persona perché ne limita le capacità sociali, lavorative e relazioni. Tutto, infatti, ruota intorno al cibo e al timore di ingrassare: ciò che prima sembrava semplice diviene motivo di ansia e i pensieri intorno al cibo assillano la persona anche quando non è a tavola. Una delle caratteristiche quasi sempre presenti in chi soffre di dca è l’alterazione dell’immagine corporea: la percezione che la persona ha del proprio aspetto influenza la sua vita più dell’immagine reale stessa e la valutazione di sé dipende in maniera eccessiva dalla forma del proprio corpo e dal peso. Il disturbo, inoltre, si associa spesso ad altre patologie psichiatriche, provocando sia complicanze fisiche che sofferenze psichiche. In particolare, questo si associa alla depressione, ma anche a disturbi di ansia, abuso di alcool o sostanze, disturbi di personalità e disturbo ossessivo-compulsivo. Talvolta, sono presenti anche comportamenti autoaggressivi, quali atti autolesionistici o tentativi di suicidio.
Dedicare una giornata alla sensibilizzazione sui disturbi alimentari del comportamento significa, quindi, accrescere la consapevolezza del singolo e della comunità, creare una vera e propria rete di solidarietà intorno a chi viene colpito dai DCA e difenderne i diritti fondamentali combattendo i pregiudizi e le informazioni distorte, ma anche incoraggiando alla prevenzione soprattutto in tema di educazione alimentare. Solo una piccola parte delle persone che soffrono di DCA chiedono aiuto, perché non sanno come affrontare l’argomento oppure non riescono a individuare la presenza di un problema. Anche le famiglie, talvolta, non riescono a intervenire perché non sanno come farlo oppure si scontrano contro la mancata consapevolezza dei soggetti interessati dai disturbi.
Adottare perciò una visione biopsicosociale può guidarci verso un approccio più consapevole verso l’individuo nella sua interezza e una visione della salute come status di benessere biologico, psicologico e sociale necessari per tutti.